Sommario
Stress e Covid-19 sono state, e sono ancora, due tra le parole più ricorrenti in questo anno apppena trascorso. Purtroppo.
Quello che sembrava uno stop-and-go si è rivelata una sosta a i box decisamente lunga. Ma non un ritiro. La sfida è ancora aperta: il traguardo non è lontano e si può ancora vincere; mettendo in atto una buona strategia e facendo ricorso a tutti gli strumenti a disposizione.
Il periodo è stato ed è estremamente difficile. Il nostro cervello sta compiendo un lavoro di adattamento eccezionale; ed è sottoposto a un carico di stress da Covid-19 più che consistente. Decisamente diverso rispetto a quello a cui era abituato in situazioni di quotidiana normalità. Diversi sono, infatti, i meccanismi emotivi che si sono innescati durante l’emergenza da Coronavirus Sars Cov-2, e successive varianti.
Lo stress è clinicamente identificato come una risposta aspecifica del nostro organismo di fronte a un qualsiasi stimolo esterno (ad esempio il Covid-19) o interno (la paura che deriva dalla situazione che si vive) che costituisca una minaccia alla nostra sopravvivenza o stimoli una risposta di adattamento tesa a ristabilire l’omeostasi (equilibrio) interna.
Gli eventi che possono provocare stress sono detti Stressor e possono avere una natura di tipo fisico o psicologico. Un evento diventa stressante nella misura in cui una persona lo valuta come minaccioso. Il Covid-19, purtroppo, si è rivelato decisamente minaccioso. Ed è a questo punto che entrano in gioco gli aspetti emotivi di ogni individuo. Uno stesso evento infatti può essere percepito in modo diversa da due persone. E le reazioni che le persone hanno di fronte a un evento stressante possono essere anche molto diverse tra loro.
Hans Selye definisce nel 1936 ls sindrome da stress, come “Sindrome Generale di Adattamento”; ovvero come
la risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici, mentali, sociali o ambientali, atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno.
In altre parole, e’ il modo di adattamento che può portare l’individuo a reagire all’allarme: affrontandolo o fuggendo (‘’fight or flight’’).
Paura, preoccupazione e stress sono dunque condizioni ormai piuttosto comuni sperimentate a seguito della pandemia da Covid-19. Condizioni che tuttavia perdurano, e la cui risoluzione appare ancora lontana. I casi di aumento di ansia e agitazione legate alla pandemia globale e alle misure sempre più restrittive per prevenire il contagio sono documentati da diverse ricerche. L’aiuto necessario e indispensabile; e nella lotta alla pandemia non è mai stato (e non lo è tuttora) esclusivamente di natura sanitaria. Anche, e soprattutto, è necessario un aiuto di natura psicologica.
A Wuhan, già nelle prime due settimane di lockdown venne condotto uno studio per valutare gli effetti psicosociali della quarantena. Emerse che la prevalenza di depressione, ansia e stress era due volte maggiore in soggetti che si erano trovati in aree non a rischio rispetto a quelli che si erano trovati in zone a rischio Covid-19. È la dimostrazione che la paura di un potenziale contagio è stato un fattore di stress maggiore rispetto al contagio vero e proprio. Inoltre, i risultati mostrarono che i rischi per la salute mentale risultavano maggiori in persone che avevano effettivamente vissuto la quarantena rispetto a quelle che non l’aveveano vissuta.
In Italia, e più recente, è l’indagine realizzata dal’Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi. riferisce che l’indicatore di stress si attesta al 64% (e cresce di settimana in settimana). I dati sono preoccupanti.
Già nei primi mesi della pandemia, l’Organizzazione mondiale della Sanità mise guardia sulle ripercussioni che l’ansia da coronavirus avrebbe potuto causare nelle persone e chiese di rafforzare le cure. Oggi, un anno e diversi mesi dopo, lOMS l’ancia un nuovo allarme: sull’impatto psicologico che l’emergenza in corso avrà, non solo su chi ha già patologie, ma su tutti gli individui. Uno studio sottolinea come durante le epidemie passate, come quelle di Sars, Mers ed Ebola, la quarantena ha causato nelle persone che l’hanno vissuta, alti livelli di ansia e di stress. E sofferenze psichiche e preoccupazione vengono rilevate anche nella situazione attuale, in relazione alla pandemia da Covid-19. Gli esperti di salute mentale temono un’ondata di problemi psichici.
Anche il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha da tempo lanciato questo allarme:
“Una grande onda di stress post-traumatico, che interesserà molti italiani, e che potrà rappresentare il vero conto salato della crisi in corso”. (CNOP)
La pandemia legata al Covid-19, infatti, starebbe facendo crescere in modo significativo il disagio mentale in tutto il mondo, cosa che dovrà essere affrontata e contenuta dai vari servizi sanitari nazionali. Soltanto in Italia, secondo un recente sondaggio dell’Istituto Piepoli commissionato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, più del 60% degli italiani sta soffrendo di stress a causa della pandemia da Covid-19, e il 43% di essi ne sperimenta il livello massimo.
Sempre in termini di numeri, che danno una consistente idea del quadro geenrale, basta riferire che sono state oltre 50mila le telefonate arrivate, con un vero e proprio picco di chiamate giornaliere durante il lockdown, al numero verde di supporto psicologico, attivato già in occasione del primo lockdown dal ministero della Salute e dalla Protezione Civile per l’emergenza Covid-19. Le motivazioni di chi ha utilizzato il servizio erano legate a stati di ansia (14%), depressione (13%) o più frequenti stati di preoccupazione generalizzata e altre problematiche pregresse emerse a causa dell’emergenza (oltre il 40%).
I disturbi principali che sono stati rilevati sono ansia, attacchi di panico, insonnia, depressione, problemi digestivi, che dipendono non solo dal contagio in sè ma anche dal contesto di distanziamento sociale e di quarantena, con l’impatto devastante e comprensibile delle preoccupazioni legate ai problemi economici.
Le iniziative a supporto non sono mancate e non mancano; perchè la pandemia è ancora in corso: ricordiamo, in primis, quella promossa dall’INAIL in collaborazione con il CNOP . L’obiettivo era, ed è ancora, quello di contribuire alla gestione dello stress e alla prevenzione del burnout di tutti gli operatori sanitari impegnati nell’emergenza Covid-19 con la pubblicazione sul sito delle indicazioni procedurali e degli strumenti utili per realizzare interventi individuali sul territorio. L’iniziativa prevedeva, in particolare, la creazione di task force di psicologi nelle strutture sanitarie su tutto il territorio nazionale per l’attivazione di servizi di supporto al personale sottoposto allo stress cronico provocato dall’attuale emergenza epidemiologica.
Come già menzionato, Il Ministero della Salute e dalla Protezione Civile per l’emergenza Covid-19 ha attivato un numero verde di supporto psicologico. Le autorità pubbliche, sono presente sul territorio con dati e indicazioni di cautela e prevenzione. Come ad esempio le autorità di Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, attivi e operativi su diversi temi: dati epidemiologici, aggiornamenti sui vaccini, integrazioni a supporto di una informazione quanto più completa possibile. In vero, durante un pandemia (e ne possiamo racontare poche, per fortuna) come nel quotidiano, si potrebbe sempre fare qualcosa in più; ma non va ignorato quello che si riesce a fare. Con i mezzi che si hanno a disposizione, ovviamente.
Il primo passo per combattere ansia e stress da Covid-19 dunque, è il modo di porsi e di rispondere alla situazione che si sta vivendo. Bisogna imparare ad essere più resilenti.
Resilienza: la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi negativi e può essere potenziata da ciascuno di noi, soprattutto quando siamo motivati a farlo da circostanze particolari.
Per svilupparla occorre adottare un atteggiamento costruttivo, organizzarsi restando sensibili e aperti alle opportunità che la vita può offrire in ogni situazione, anche negativa, senza alienare la propria identità.
La resilenza, dunque, è il primo upgrade da fare; in questa, come in tate altre situazioni, ci aiuta a vedere quella che molti identificano come “la luce in fondo al tunnel”. Nel frattempo, quando il tunnel sembra essere più lungo del solito, come durante la pandemia, vale la pena organizzarsi bene per percorrerlo quanto più serenamente possibile.
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