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La co-terapia prevede il lavoro congiunto, integrato e sinergico da parte di due professionisti verso un obiettivo comune: il miglioramento delle condizioni del paziente e del suo disturbo o problema. È una tecnica di conduzione di terapia familiare, e può essere applicata anche a livello individuale, di coppia o di gruppo.
La co-terapia, oggi, è diffusa e consolidata in tutto il mondo: essa viene praticata oltre che a scopo terapeutico anche a scopo didattico per la formazione dei terapeuti stessi, anche nella terapia online.
Ricorrere alla co-terapia significa decidere di lavorare insieme a vantaggio del paziente. E prima di iniziare un percorso di questo tipo vanno fatte tutte le valutazioni del caso.
Non vanno sottovalutate le difficoltà che, come tutte le terapie, presenta; difficoltà che derivano soprattutto dal rapporto tra i due terapeuti. E vanno identificate quelle che sono le condizioni necessarie affinchè questo tipo di terapia apporti il maggior beneficio possibile al paziente, ovvero:
I co-terapeuti sono due professionisti, non necessariamente appartenenti alla stessa corrente, che costituiscono una relazione diadica, realizzando così una relazione e/o un rapporto fra due persone, ovvero una interazione tra due aspetti psicologici e/o culturali.
La diade, dal latino tardo dyas e dal greco δυάς (derivato di δύο = due), è un termine psicoanalitico introdotto da René Árpád Spitz per indicare la relazione madre-figlio nei primi anni di vita.
Con il termine “diade” ci si riferisce qui ad una modalità specifica di interazione tra due individui, predisposti in un setting specifico che favorice scambi comunicativi interattivi tra i due individui partecipanti alla “relazione diadica”. È intesa, quindi, come la formalizzazione della relazione diadica all’interno di un setting specifico, come l’interazione che avviene tra i due individui non in modo causale, gestita in modo definito e con finalità specifiche.
La pratica della “diade” può essere impiegata in svariati contesti: il suo impiego è trasversale e multidisciplinare. Gli individui che la realizzaano, ovvero le figure diadiche possono essere diverse, ma le diadi possibili sono ben delineate:
Una relazione diadica di questo tipo è frequente nella terapia familiare o di coppia e per altri disturbi che non richiedono trattamento farmacologico complementare: i due partecipanti possono essere esperti oppure uno dei due può essere un tirocinante.
Nella terapia di coppia e familiare, disporre di una coppia di psicologi consente loro di agire come modello. Questo può aiutare a risolvere alcuni problemi e permette al paziente (la coppia) di avere due diversi punti di vista rispetto al problema. I terapeuti fungeranno da modelli anche per i genitori e per l’interazione con i figli. Uno dei principali vantaggi della co-terapia è che si evitano possibili coalizioni tra uno dei membri della coppia e il terapeuta “contro” il partner.
Una delle terapie più note dirette da due terapeuti di sesso diverso fu forse la terapia Sessuale di William Masters e Virginia Johnson, ideata nel 1970 per il trattamento dei disturbi sessuali. La terapia gestita in coppia fu proposta per la prima volta da Mittelman nel 1948 e applicata dallo stesso nel 1961.
La coppia di terapeuti può essere composta anche da uno psichiatra e uno psicologo. Ciò è più comune nei disturbi mentali più gravi che richiedono un trattamento farmacologico oltre alla psicoterapia. In questo caso la co-terapia consiste in un’integrazione tra terapia farmacologica e psicologica. Ciò si rende necessario soprattutto nei disturbi mentali più gravi che richiedono un intervento multimodale.
In alcuni disturbi la cura farmacologica è volta a migliorare i sintomi che possono interferire con lo svolgimento di una vita normale, di conseguenza con la terapia. Ciò porta i pazienti a rispondere meglio alla psicoterapia.
Allo stesso modo, la psicoterapia può migliorare l’accettazione del farmaco, aumentando l’aderenza al trattamento farmacologico. Un’ampia varietà di disturbi trae beneficio da questa disciplina terapeutica. Tra questi troviamo, ad esempio: disturbi da abuso di sostanze, disturbi psicotici come la schizofrenia, alcuni disturbi dell’umore (come i disturbi depressivi gravi e cronici) e anche alcuni disturbi alimentari (come la bulimia nervosa).
Possiamo inoltre parlare di co-terapia quando una persona che fa parte dell’ambiente del paziente viene formata affinché possa agire da collaboratore. Potrà così aiutare il paziente a svolgere a casa le attività richieste dalla terapia; è utile, ad esempio negli esercizi di esposizione in vivo per il trattamento delle fobie. Ciò accade anche nel trattamento delle problematiche infantili, per esempio nel disturbo dello spettro autistico, nell’enuresi notturna o nel ritardo mentale. È essenziale che i genitori e/o gli insegnanti siano formati e agiscano come co-terapeuti per proseguire il trattamento dopo la seduta. Può essere molto utile anche con i pazienti anziani, soprattutto quando soffrono di demenza. Formare familiari o caregiver permette di gestire meglio la patologia e migliorare le condizioni di vita e l’ambiente. Oltre a ciò, consente di proseguire a casa il trattamento e le necessarie attività di stimolazione cognitiva.
È chiaro, dunque, che non tutti i trattamenti o terapie hanno bisogno dell’azione congiunta di due terapeuti. Anche dal punto di vista dell’integrazione tecnica sistemica (in cui l’una o l’altra tecnica di trattamento viene scelta a seconda del paziente) può anche essere controproducente.
Tuttavia, come numerosi studi hanno dimostrato, ampia è la varietà di disturbi che risponde meglio alla co-terapia; questo sia che preveda l’intervento di due psicologi, di psicologo e psichiatra o una persona vicina al paziente formata per collaborare nel trattamento.
Il vantaggio della co-terapia risiede nella ‘complementarietà’: il ché significa collaborare, coordinarsi, lavorare in modo congiunto. Il tutto a beneficio del paziente.
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