Sommario
A chi non è capitato di lasciare andare la mano su un foglio bianco e disegnare o scrivere distrattamente le cose più bizzarre: cerchietti, case, fiori, faccine, parole apparentemente senza senso. Mentre si è al telefono, durante una riunione, durante un colloquio: ogni momento offre la possibilità di rivelarsi. Perchè quello che sembra uno scarabocchio, una parola buttata lì, rivela proprio una parte di noi. E in psicoterapia queste rivelazioni, come può esserlo un disegno, hanno un peso rilevante. Sono quelli che comunemente chiamiamo scarabocchi, ovvero dei disegni che in apparenza sono privi di senso, ma che al terapeuta si possono rivelare ricchi di significato.
Il disegno fa parte del linguaggio inconscio, così come il sogno, e può essere più reale della parola perché rileva sentimenti inespressi. Si tratta di manifestazioni in cui togliamo la maschera alle nostre emozioni più autentiche e raccontiamo in modo ironico e senza ipocrisie, qualcosa di noi.
La teoria di attribuire, in psicoterapia, un significato proiettivo al disegno parte dall’osservazione fatta dalla Goodenough secondo la quale oltre a poter ricavare un quoziente di età mentale, dal disegno si possono anche intravedere dei tratti di personalità. A perseguire questa ipotesi furono in particolare Buck (1948) e Machover (1949).
Non va dimenticato, in primis, che si sta parlando di uno strumento terapeutico-psicologico, e che, come per la differenza fra un colloquio di sostegno amichevole e uno professionale, allo stesso modo, all’interno della psicoterapia, l’utilizzo del disegno è una metodologia per la quale non ci si improvvisa.
Particolari test che si basano sul disegno e utilizzati con una certa frequenza in terapia (anche e soprattutto con i bamabini), sono, ad esempio, quello della figura umana e quello della famiglia.
“L’assunto teorico di base è che il disegno della figura umana rappresenta l’espressione di sé, o del corpo, nell’ambiente, e l’immagine composita che costituisce la figura disegnata è intimamente legata al Sé in tutte le sue ramificazioni” (Machover, 1949).
Lavorare con il disegno, dunque, significa conoscere una specifica tecnica che si basa su significati psicologici dei gesti grafici, sulla lettura dei colori e sulla comprensione profonda dei contenuti consci e inconsci.
Il disegno come strumento terapeutico è sovente una consuetudine e rientra in alcune specifiche pratiche terapeutiche. L’approccio del terapeuta sarà sicuramente una conseguenza dell’approccio terapico che si vuole costituire con uno specifico paziente.
Il disegno altro non è che l’insieme di gesti grafici di tipo figurativo o astratto. Fondamentalmente è un gesto che spontaneamente si effettua già dalla prima infanzia, ed è un gesto importante proprio perchè è la trasformazione in immagine dei pensieri e delle sensazioni del soggetto. Così come una parola esprime e dichiara una sensazione: cioè, dal momento in cui la esprimo, la rendo reale, la comunico, le attribuisco un significato e ne prendo maggiormente atto; allo stesso modo si esprime il disegno. La differenza sta nel fatto che, proprio in conseguenza della sua caratteristica natura figurativa, essendo appunto un’immagine diviene una consapevolezza spesso maggiore o più immediata.
Disegnare, scarabocchiare o scrivere su un foglio bianco fanno parte del cosiddetto linguaggio inconscio, e può essere più reale della parola perché rileva sentimenti inespressi, soprattutto nell’ambito della psicoterapia.
Un disegno è una di quelle manifestazioni in cui togliamo la maschera alle nostre emozioni più autentiche e raccontiamo in modo ironico e senza ipocrisie, qualcosa di noi.
Scrivere, scarabocchiare su un foglio durante un incontro, di lavoro e non, è dunque capitato a molti, se non a tutti.
Diversi gli stadi nell’avvicinamento all’espressione grafica che ogni individuo attraversa: nel quotidiano come in terapia. Inoltre, al di là di quelle che si identificano come ‘fasi di acquisizione’, diversi sono anche i ‘quadri concettuali’ (i filoni) entro i quali gli studi psicologici sul disegno si muovono.
Esistono test definiti proiettivi, come quello della figura umana, della casa e dell’albero, che utilizzano lo stimolo del disegno per far esternare in modo spontaneo i contenuti psicologici interni della persona. Per questi motivi, durante la psicoterapia, il disegno diviene uno strumento che si avvale di precise regole, si basa su determinate teorie psicologiche, si imposta sulle specifiche caratteristiche del soggetto e sugli argomenti che egli porta in seduta. Insomma, non è improvvisazione.
Oggi è possibile avere a disposizione anche online la possibilità di fare questo tipo di attività, anche durante un incontro di psicoterapia online.
In PsyCare è possibile disegnare (e caricare altre immagini) su un foglio bianco integrato e collegato proprio alla seduta di psicoterapia online: è la cosiddetta lavagna virtuale. Ed è possibile salvare direttamente il lavoro all’interno di PsyCare: il terapeuta lo avrà sempre a disposizione e il paziente potrà riprendere, se il terapeuta lo consentirà, il lavoro della seduta precedente per completarlo in autonomia. In questo caso, la tecnologia resta a servizio delle necessità dell’individuo e diventa innovazione.
Gli studiosi sono convinti che disegnare e scarabocchiare sia salutare, perché vengono coinvolti processi mentali e fisici che mantengono la mente attiva, vigile e attiva; al pensiero, così, si impedisce di divagare. Non va sottovalutata poi, la sua natura ‘distensiva‘ che permette di scaricare la tensione: su un foglio, su una pagina bianca, si lasciano le sensazioni negative e gli stati d’animo del momento.
Il disegno come strumento terapeutico realizza, dunque, una dimensione ben strutturata e densa di significati: alcuni più palesi, alcuni più latenti.
Diversi, come è giusto che sia, in base agli approcci; ma questo, di conseguenza, può pregiudicare anche il tipo di significati che possono essere colti nei tratti grafici. Tuttavia, proprio l’osservazione di un disegno o di uno scarabocchio può essere uno strumento estremamente utile nell’assessment terapeutico di molti pazienti. E questo il terapeuta lo sa bene.
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