Sommario
Quando si fa psicologia online si realizza una realtà parallela a quella che si realizza in presenza e che pone dinanzi a un nuova perplessità. Siamo passati dall’ ‘Essere o non essere?‘ (Shakespeare, 1600) al ‘Vedersi o non vedersi?‘ (videochiamate, 2021).
Le correnti di pensiero, come sovente accade, percorrono due binari paralleli; il punto di arrivo è, tuttavia, comune: si dovrebbe poter scegliere, valutando caso per caso, anzi è fondamentale poter scegliere.
Scegliere se il paziente debba vedersi o meno, così come scegliere il testo di invito al videoconsulto.
Per il professionista che esercita la terapia online, dunque, la necessità è quotidiana e fino ad oggi non era possibile gestirla. È importante, invece, che egli abbia la possibilità di definire questo tipo di setting a seconda del paziente e del percorso terapico che dovrà seguire.
L’incontro con il paziente durante il videoconsulto è sempre un momento delicato, e il terapeuta lo sa. Ogni paziente poi, rispetto alla sua storia, al suo modo di essere e di porsi dinanzi alle situazioni, anche rispetto all’incontro stesso con il terapeuta, si porrà e si proporrà in modo diverso. Il terapeutà è, dunque, in primis, colui che sa come sarebbe più opportuno predisporre e gestire l’incontro. Il tutto, in alcuni casi, senza che tali considerazioni vengano condivise con il paziente.
Da una parte, pertanto, c’è la volontà di ricreare l’ambiente dello studio, dove il paziente normalmente non vede se stesso se non messo dinanzi ad uno specchio.
Dall’altra molti pazienti sono abituati a programmi di videochiamata in cui vedono loro stessi e, quindi, troverebbero un ambiente senza che la loro immagine venga riproposta in uno schermino apposito.
La gestione della seduta online con un paziente, tuttavia, non si configura come una videochiamata con un amico o come una ‘call di lavoro’ con un collega, ma come un videoconsulto:. Si sta facendo terapia e si opera nella sfera della telemedicina, che nulla ha a che fare con le piattaforme di natura social che usiamo un pò tutti nel quotidiano.
Quindi, perché non lasciare libera scelta al terapeuta di decidere?
In PsyCare si! Il terapeuta ha finalmente la possibilità di gestire questo tipo di impostazione nel ripspetto del nuovo setting, che si configura in un ambiente diverso: è il ‘setting online‘. Setting che, in PsyCare, è stato configurato e strutturato intorno alle esigenze degli utenti, a tutto vantaggio della qualità dell’incontro e della terapia.
Accedendo, dunque, alla sala d’attesa di ognuno dei suoi pazienti, il terapeuta avrà a disposizione un set di impostazioni esclusive per il paziente selezionato anche in merito al setting del videoconsulto (alle quali il paziente non può mai accedere e che, a meno di una condivisione del terapeuta, potrebbe addirittura non conoscere).
In questa sezione dedicata alle impostazioni, il terapeuta può definire una delle due elternative:
Questo tipo di impostazione definisce un setting nettamente distinto da quello che si potrebbe creare usufruendo di una comune piattaforma di videochiamata. Il paziente è così tenuto nella dovuta considerazione e si sente messo in primo piano: e così l’incontro online diventa terapia.
Se hai bisogno di altre informazioni, puoi anche consultare la pagina dedicata nel nostro supporto: Personalizzazione del setting online.
Il principio cardine del “guardarsi” è quello dell’esposizione a se stessi. Del guardare in faccia pregi e difetti fisici che potremmo avere, ma non solo. Significa accettare come siamo fatti; accettazione che, chiaramente, deriva dalla consapevolezza di non poter cambiare certe parti di noi. Accettare non significa arrendersi, ma significa diventare consapevoli del fatto che alcune cose sono destinate a restare come tali. Significa fare spazio alla consapevolezza.
Allora, vedersi o non vedersi? Sarebbe opportuno fare, come sempre, di necessità virtù.
Ci sono numerosi studi a riguardo che, partendo da presupposti diverso, giungono a una conclusione condivisa: bisogna poter scegliere.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Stanford ha identificato nella cosiddetta “ansia da specchio” uno dei principali elementi responsabili della ormai nota ‘zoom fatigue’. Sembra infatti che essere costretti a vedersi potrebbe, per alcuni, avere effetti decisamente negativi su alcune aree del cervello. Studi condotti in passato avevano già dimostrato come, quando ci si guarda allo specchio (cioò che avviene se si attiva la webcam in videocall è un pò come guardarsi allo specchio) si tenda a focalizzare lo sguardo su stessi piuttosto che sugli altri.
“Molte ricerche dimostrano che il cervello viene effettivamente sottoposto a uno sforzo” e “sorprenderebbe vedere quali difficoltà pongano le videochiamate alla nostra psiche“, afferma Andrew Franklin, professore associato di cyberpsicologia alla Norfolk State University della Virginia.
Tuttavia, alcuni terapeuti prediligono una impostazione di setting che metta il paziente a confronto con se stesso, e che quindi si possa vedere durante l’incontro terapico.
Altre teorie partono dalla relazione esistente tra individuo e ambiente, teorie per le quali è necessario che il paziente venga messo a confronto con se stesso. Per fare questo, è necessario evitare ogni limite al fine di sottrarsi al confronto.
In primis, ogni psicologo dovrebbe avere a disposizione uno strumento flessibile, che possa rispondere alle diverse necessità. Dovrebbe poter scegliere ‘come‘ fare psicoterapia.
Insieme alle nostre abitudini quotidiane, anche la psicoterapia sta cambiando: seppur nel rispetto dei suoi princìpi, si evolve con noi e intorno a noi.
Il lavoro psicoterapico mediato dal video rappresenta, quindi, l’articolazione di un procedimento – chiedersi chi si è, come si è – che è di tutti, e che per tutti ha valore e importanza. E per ogni individuo ha un valore e una importanza caratteristici, che si evolvono e mutano nel corso del tempo e della terapia stessa.
È davvero importante, dunque, poter scegliere.
È importante scegliere come gestire questo particolare tipo di situazione, e in alcuni casi (come nel contesto psicoterapico) è fondamentale che il terapeuta lo faccia per il suo paziente. È essenziale, soprattutto, che possa farlo.
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